Telemarketing: PROMOSSO, ma solo se con un buon voto in condotta

Il Telemarketing è forse il più celebre strumento di marketing diretto che conosciamo. Allo stesso tempo è anche quello più “invasivo” per la privacy.

La chiamata viene percepita come una vera e propria intrusione nel nostro quieto vivere.
Diversamente da una email o sms, è inaspettata e talvolta giunge in orari non adeguati.

I Call Center non chiamano più a casa; il destinatario riceve la chiamata sulla propria numerazione mobile. E di qui il perenne dubbio che sorge: «CHI mi sta chiamando? E se fosse importante? Potrebbe essere la banca o una persona di cui non ho ancora il numero in rubrica…»

Non potendo verificare l’identità del chiamante, vince l’esigenza di rispondere e si viene immancabilmente travolti da un fiume di parole inarrestabili che non ti lasciano lo spazio per pronunciare il fatidico: «Chi è che mi chiama?».
Nulla da fare, ormai il vaso di Pandora è aperto.
L’operatore travolge l’incauto “interessato” (in gergo tecnico, anche detto “malcapitato”) con offerte mai richieste e lontane dai suoi interessi.
E soprattutto, senza nemmeno spiegare quando e come è venuto in possesso dei suoi dati personali.

Questo strumento di marketing diretto, è così divenuto nel tempo un vero e proprio fenomeno sociale.
Fenomeno definito dal Garante per la Privacy “allarmante”, vista l’impennata delle condotte illecite che nel settore hanno assunto dimensioni tali da richiedere pesanti sanzioni e drastici provvedimenti inibitori.

Ma a dispetto di tutto ciò, il Telemarketing resta ancora oggi un validissimo strumento di marketing.

Tutto sta nel modo in cui l’azienda se ne avvale; perché il rispetto della normativa, quindi la buona condotta, non giova solo ad evitare ispezioni e sanzioni.
L’interessato (cliente attuale o potenziale) sarà il primo ad apprezzare un corretto trattamento dei suoi dati, della sua privacy e delle sue richieste.

Quando parliamo di correttezza e conformità nel trattamento dati, non ci riferiamo solo al generico rispetto dei paletti e veti imposti dalle norme.
Ci riferiamo invero al complesso di operazioni, procedure e criteri in base ai quali viene pianificato il trattamento dei dati durante il loro intero “ciclo di vita”.

Ad esempio, un “buon” trattamento dati implica:
verificare che i dati siano aggiornati e corretti: accertarsi ad esempio che le numerazioni siano esistenti e appartenenti al nominativo associato;
verificare che l’utente sia potenzialmente interessato: contattare nominativi che abbiano caratteristiche fedeli e conformi rispetto al target di clienti dell’azienda;
raccogliere e rispettare le volontà dell’utente: se l’utente manifesta di non essere interessato, registrare la sua volontà ed evitare ulteriori contatti (che a questo punto dovranno considerarsi “indesiderati”).

E il risultato sarà tutto a beneficio del budget investito dall’azienda per realizzare la campagna di Telemarketing.

L’azienda ne trarrà evidenti benefici in termini di:
Liste di Contattabilità qualitativamente elevate, che contengono dati aggiornati e verificati;
Elevati livelli di conversione delle chiamate, effettuate su clienti potenzialmente interessati;
Reputazione del brand e dell’azienda, che dimostra di saper ascoltare e rispettare il cliente.

Vediamo dunque alcune regole d’oro per impiegare questo strumento in conformità della normativa e rispettando la fiducia del cliente.

1. Il Consenso
Requisito base: qualunque sia lo strumento di marketing diretto impiegato, è sempre necessario il consenso.
Fatto salvo il solo caso del c.d. “soft spam”, l’utente deve aver espresso un Consenso esplicito e inequivocabile per Finalità di Marketing.

E sul Consenso espresso dall’interessato, la parola d’ordine è «dimostrabilità».
Soprattutto se ci si avvale di fornitori esterni (c.d. “List Provider”) per ottenere delle Liste di Contattabilità di terze parti.

Clausole e Manleve standard, a garanzia della corretta acquisizione dei dati, non sono sufficienti.
E’ necessario procurarsi opportune prove, tracciabili e documentate, circa la corretta acquisizione del consenso.

Lo strumento tra tutti forse più efficace, nonostante la sua semplicità e largo impiego (tecnicamente parlando) è il celebre “File di Log”.
Senza scendere nei tecnicismi, il Log consiste in una stringa di testo dove vengono registrate e memorizzate tutte le operazioni che riguardano un determinato oggetto o attività.

Così per una anagrafica iscritta in una Lista di Contattabilità, attraverso il File di Log potrò verificare e monitorare costantemente numerose e preziose informazioni sul Consenso:
Quale consenso è stato rilasciato;
Quando è stato rilasciato;
Quando è stato (eventualmente) modificato;
altre..

Informazioni indispensabili quindi, ai fini di una verifica puntuale e attendibile dello stato del Consenso.

Utili indicazioni al riguardo si rinvengono anche negli ultimi Provvedimenti del Garante Privacy.
Nel Provvedimento nei confronti di EGL (Eni Gas e Luce) il Garante aveva individuato nell’analisi di campioni rilevanti di dati, prima dell’inizio di ogni campagna, adeguati strumenti di controllo atti a verificare lo stato dei consensi degli interessati inseriti nelle liste di contattabilità acquisite.
La disponibilità di adeguati campioni di dati, permette all’azienda di eseguire agevolmente test e controlli approfonditi, monitorandoli nel tempo.

2. La Blacklist
Veniamo dunque alla corretta “gestione” del Consenso, ovvero alla capacità di raccogliere nel tempo le richieste di Opposizione e Cancellazione.

Queste richieste sono l’espressione dell’esercizio dei relativi diritti di Opposizione al Trattamento e Cancellazione che la normativa riconosce ai singoli.
Non essere in grado di rilevare e registrare tali richieste, aggiornando quindi il Consenso (che sarà stato negato) corrisponde ad una grave violazione

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